Biellettrico – Il Biellese elettrico 1882-1962: dalla prima scintilla all’ENEL
- L’Elettrotecnica Vallestrona: l’elettricità biellese compie 100 anni
- Biellettrico – Il Biellese elettrico 1882-1962: dalla prima scintilla all’ENEL
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- Problemi telefonici a Sordevolo
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- Luce a gas o luce elettrica?
- Il Sindacato degli elettrici
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- Le Società Operaie biellesi all’Esposizione di Torino del 1884: il trionfo dell’elettricità
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- Corso IRPAIES alla Fabbrica della Ruota
- Biellettrico: l’atmosfera si fa elettrica all’alba del Fascismo
- “Biellettrico”, l’elettrificazione del Biellese in mostra alla Fabbrica della Ruota
- Biellettrico: nuove scoperte sull’elettricità nel Biellese
“Biellettrico”, l’elettrificazione del Biellese in mostra alla Fabbrica della Ruota
[da “Eco di Biella” del 10 luglio 2023, testo di Danilo Craveia]
La mostra che si aprirà domenica alla Fabbrica della Ruota, “Biellettrico 1882-1962. Dalla prima scintilla all’ENEL” racconta, con la consapevole modestia di avere di fronte una tematica sconfinata, l’elettrificazione del Biellese. Un racconto per sommi capi, s’intende, e quindi senz’altro non esaustivo, ma espressione del desiderio di dar notizia di una grande esperienza individuale e collettiva, ovvero di uomini e di comunità che, a partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento, hanno vissuto un cambiamento epocale. Alla mostra è connesso un volume edito dal DocBi Centro Studi Biellesi con il fondamentale contributo della Elettrotecnica Vallestrona che ha voluto, per celebrare il suo traguardo secolare (è stata costituita nell’agosto del 1923), offrire a tutto il Biellese uno strumento di conoscenza che non ha precedenti, adatto per il semplice curioso e utile per gli specialisti e gli studiosi. Il libro, con lo stesso titolo della mostra, raccoglie in trecentocinquanta pagine e più di cinquecento immagini le tracce di un fenomeno ormai reso “invisibile” dall’abitudine, ma che proprio nelle sue origini più remote e nelle sue evoluzioni peculiari dimostra un forte connotato d’attualità. Mostra e volume sono curati da Danilo Craveia.
Quando, nel 1882, in occasione dell’Esposizione Generale dei Prodotti Biellesi i nostri avi conobbero l’elettricità come noi oggi la intendiamo (undici anni prima alcuni biellesi avevano avuto modo di assistere, al Teatro Sociale, allo spettacolo del mago Ernesto Patrizio di Castiglioni che aveva proposto anche “numeri” elettrici), non potevano sapere che quello sarebbe stato l’inizio di una grande storia. Si illuminava, con poche lampadine fioche, il futuro elettrico del Biellese. Si accendeva una straordinaria esperienza corale che avrebbe condotto, nel giro di due decenni, non solo a vincere le tenebre, ma anche a imprimere potenza nuova e (almeno sulla carta) illimitata alle nostre imprese che, da quel momento, avrebbero vissuto la seconda e più significativa rivoluzione industriale. Alla metà dell’Ottocento si insegnava che l’elettricità è un “fluido misterioso”. Un secolo dopo, nelle scuole professionali e negli istituti tecnici, l’approccio didattico non era cambiato di molto. Di fatto, l’elettricità restava misteriosa e, senza ricorrere ad astrazioni e concettualizzazioni non proprio alla portata di tutti, rimaneva difficilmente spiegabile. Oggi, tutti sanno che l’elettricità è l’“ente fisico cui si ascrivono i fenomeni nei quali agiscono cariche elettriche sia in movimento, sia in quiete” (definizione dell’Enciclopedia Italiana Treccani). Ma davvero “tutti sanno che”? In realtà, a ben guardare, come si usa dire: la questione è più complicata di così. Come è complicato trarre dai libri e dal web indicazioni facilmente comprensibili. Le definizioni differiscono, e non di poco, e suggeriscono soltanto che solo gli addetti ai lavori hanno un’idea precisa del fenomeno. Se ne ricava una semplice verità: uno degli elementi più scontati, anzi sicuramente tra quelli fondamentali per la nostra esistenza, ci è per molti versi sconosciuto. Ne facciamo uso, e abuso, ma quasi nessuno sa di che cosa si tratta. Come e perché c’è l’elettricità che attende paziente dietro l’interruttore per accendere, docile al nostro comando, le lampadine? Che attiva le nostre case domotiche, che muove treni, auto, biciclette…? Tutto. Tutto è elettrico o in buona misura. Anche ciò che non sembra tale. Tutto ciò che ci tiene in vita è elettrico, più o meno direttamente. Poco altro ci distingue dal Medioevo quanto l’elettricità. E nel Biellese? Le stesse domande si pongono non più in generale, ma mettendole a terra rispetto a un territorio ristretto come il nostro. In senso storico, da dove e da quando viene l’elettricità da queste parti? C’è una storia, affascinante e sorprendente, dell’elettricità del e nel Biellese. Il Biellese si presenta all’esordio dell’elettricità con un forte deficit idraulico. Non c’era abbastanza acqua, non c’erano abbastanza salti d’acqua per produrre, qui, l’energia elettrica necessaria per illuminare la città e le vallate. E se la carenza idrica dei torrenti biellesi inficiava quasi completamente la generazione della “luce”, a maggior ragione si dovette constatare la radicale difficoltà di produrre “forza”. E neppure il Sesia potè sopperire. Allora fu inevitabile importare da più lontano: dapprima da Ponte Preti (Strambinello, nel Canavese), dove fu attivata una centrale della S.A. Elettricità Alta Italia, poi da Pont-Saint-Martin, dove entrò in funzione la generatrice della Elettrochimica di Pont-Saint-Martin, infine da Piedimulera, dove operava la Società per le Forze Motrici dell’Anza (poi Società “Dinamo”). Giovedì 26 agosto 1897, la rete della Società Anonima di Elettrica Alta Italia fu accesa per la prima volta: Biella “vide la luce”. Dalla sottostazione di via Santa Marta (oggi via Crosa, angolo via Palazzo di Giustizia e via Dal Pozzo) l’elettricità canavesana si irradiò lungo le vie cittadine. Pochi anni dopo, l’elettricità valdostana (facendo ponte su Sant’Agata del Vernato) aveva raggiunto il Triverese via Valle Mosso, mentre l’estremità orientale, da Cossato a Coggiola, era servita dall’elettricità ossolana.
Negli anni Venti, senza clamore né rivoluzioni, la SIP Società Idroelettrica Piemonte, incorporò le prime due, mentre la “Dinamo” assorbì la terza. Finchè l’ENEL, dal 1962, accorpò tutto. Accorpò e fece sparire quasi tutte le tante iniziative private e “pubbliche” nate già nell’ultimo decennio dell’Ottocento e per i primi trent’anni del Novecento per produrre o gestire localmente l’energia elettrica. Dalla Longola di Sagliano a Zubiena, da Masserano a Netro, da Mezzana Mortigliengo a Montesinaro: piccole realtà dotate di turbine o semplicemente costituite per amministrare in cooperativa (o forme affini, le CER di allora…) l’erogazione del servizio. E le fabbriche? Il primo fu Pietro Ubertalli. Nell’inverno del 1882-1883, nel lanificio sul Sessera, una dinamo c’era già. Qualche anno dopo ne attivarono i Poma a Miagliano, i Sella a Tollegno, i Garbaccio a Valle Mosso, nel 1887. In quell’anno a Oropa si studiava l’impianto che entrerà in funzione l’anno dopo, mentre i Vercellone di Sordevolo “collezionavano” bellissimi cataloghi di materiale elettrico, come quello della Oerlikon di Zurigo. Sempre nel 1887, il padre di Albert Einstein forniva una turbina per la filatura Fratelli Prina e Foglio del Bardone di Biella. Otto anni più tardi, nella centralina dei fratelli Benna costruita lungo l’Oropa tra Pralungo e il Favaro, ecco la prima corrente alternata made in Biellese. L’elettrificazione del Biellese passa anche dal notevole impianto di Viverone-Bertignano e, ovviamente, dalla centrale del Piancone e dalla diga delle Mischie, farina del sacco Zegna, che rappresentano l’unico vero sistema alpino di sfruttamento idroelettrico delle risorse naturali locali. Ma “Biellettrico” è anche trasporti elettrici, a partire dalla funicolare del Piazzo per arrivare alla Biella-Oropa e alle Ferrovie Elettriche Biellesi, tra linee realizzate e linee solo sognate (d’altro canto, gli “incubi” idroelettrici non sono mancati, come quello della diga al Lago del Mucrone…). L’elettricità biellese è anche scuola e “letteratura”, con le pubblicazioni della Biblioteca Civica di Biella, gli elettricisti dell’IPSIA e i tecnici dall’ITIS “Q. Sella”. A proposito di Quintino Sella: in mostra ci sarà anche la cernitrice elettromagnetica originale progettata e realizzata proprio da Quintino Sella, un pezzo in arrivo dal Politecnico di Torino che, da solo, vale il biglietto (dal “Poli” arriveranno anche altri oggetti interessanti). “Biellettrico” è il frutto di un lavoro di squadra, e non solo per l’impegno diretto del gruppo della Fabbrica della Ruota e dell’Elettrotecnica Vallestrona, ma anche della fattiva collaborazione della Rete (elettrica…) degli Archivi Biellesi, e di altri “privati cittadini” ed enti nostrani, e non, che hanno partecipato alle ricerche e alla selezione dei materiali, o che hanno messo a disposizione i loro patrimoni, dall’Archivio di Stato di Biella al Comune di Campiglia Cervo, dalla Fondazione Sella all’Ecomuseo della Lampadina di Alessandro Cruto di Alpignano. Il lavoro di squadra ha generato un prodotto culturale inedito, destinato, nei mesi di apertura (16 luglio – ottobre) a generare a sua volta altre opportunità di conoscenza e di approfondimento. Proprio a ottobre, con ARS Teatrando, l’elettricità biellese diventerà uno spettacolo teatrale a tema. Ma sono in programma anche laboratori didattici e occasioni d’incontro per esplorare una tematica che, dal remoto passato, approda all’attualità e al futuro che riguarda tutti. In quegli ottant’anni, 1882-1962, il futuro è diventato presente e quel presente è scomparso rapidamente dietro lo sviluppo della tecnologia che ha cambiato, più volte, la nostra vita. Nel giro di due generazioni si è assistito al trasformarsi del mondo. Grazie all’elettricità, anche nel Biellese, si visto il telefono soppiantare il telegrafo, si è imparato a convivere con una forza benefica (che già nell’Ottocento era elettroterapica), ma con cui non si poteva scherzare (gli infortuni, spesso mortali, furono tantissimi), si è passati dall’elettrotecnico di paese che si arrampicava su incerti tralicci di legno alla immensa potenza della centrale nucleare di Trino Vercellese, che dall’atomo ricavava nient’altro che l’elettricità. “Biellettrico” tenta di raccontare tutto questo riscoprendo “uomini elettrici” biellesissimi, come l’ingegner Iona, il precursore Amedeo Avogadro di Quaregna, il capitano Eugenio Cantono e le sue auto elettriche… “Biellettrico”, il Biellese elettrico, è una saetta, una scarica elettrica di curiosità e di informazioni su un aspetto ben poco noto della nostra storia.