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Nel 1940 Oreste Rivetti intraprende l’idea di realizzare una centrale idroelettrica nella zona dell’Alpe Prato in Valsesia, a servizio del Lanificio Rivetti. Un intero fascicolo di corrispondenza ripercorre le tappe delle indagini e delle valutazioni affidate all’ing. Luigi Ramallini, allora direttore delle centrali elettriche della Cogne e autore del progetto stradale Aosta-Pila, nonché podestà di Aosta fino al 1942.
Prima di rivolgersi al Ramallini, Oreste Rivetti aveva già commissionato uno studio circa lo sfruttamento di quel bacino idrico a un ingegnere biellese, Francesco Agrusti (dicembre 1940). Basato sui dati delle stazioni pluviometriche situate ad Alagna, Riva Valdobbia, Pian di Rassa, Campertogno raccolti in maniera quasi ininterrotta dal 1909, lo studio prevedeva 3 salti d’acqua con il calcolo della potenza ottenibile da ciascuno di essi suddivisa nell’arco dei dodici mesi. La stima della produzione complessiva dei tre salti oscillava tra 30.000 e i 45.000 circa kwh a seconda della quantità delle precipitazioni.Con lo scioglimento della neve, finalmente si possono affrontare i sopralluoghi.
Alfredo Rivetti, insieme al fidatissimo Natalino Rappa si reca in Valsesia con l’ingegner Agrusti; sia Rivetti che Rappa espongono in due relazioni distinte e dettagliate dei lavori da eseguire, gli scavi e le canalizzazioni, la posa delle tubazioni, la conduzione della linea elettrica attraverso la Bocchetta del Croso verso Montesinaro per raggiungere Biella. La conclusione è che “le opere sono di difficoltosa e molto dispendiosa esecuzione… e nessuna concorrenza è possibile ai prezzi della S.I.P.”.
Oreste Rivetti predispone quello insieme a Ramallini: salita da Piedicavallo e pernottamento al Rifugio Rivetti, quindi la mattina seguente salita alla Punta Tre Vescovi, discesa all’Alpe Prato e prosecuzione fino a Rassa e da lì rientro a Biella.
Anche le indagini del Ramallini deludono l’imprenditore biellese, poiché l’intera valle del fiume Sesia è già oggetto della richiesta di numerose concessioni e la Montecatini e la Dinamo si sono di fatto spartite il territorio. Resterebbero solo “le briciole” dei piccoli torrenti Gronda e Sorba. Oreste Rivetti non demorde e spera addirittura di poter portare l’acqua del bacino dell’Alpe Prato sul versante di Piedicavallo immettendola nel Cervo.
È lo stesso Ramallini a scoraggiare l’operazione, esageratamente costosa e poco redditizia, portando Rivetti a individuare una diversa soluzione, ovvero un accordo per lo sfruttamento dell’impianto del Piancone con Mario Zegna che, a seguito della divisione dell’azienda dal fratello Ermenegildo, ne ha l’uso esclusivo.
La frammentarietà dei documenti non ci permette di giungere al termine della vicenda e sapere come Oreste Rivetti risolse il suo fabbisogno di energia elettrica.